Un’immensa eredità di umiltà, umanità e scienza
di Viriol D’Ambrosio
Da molti ritenuto tra i padri dell’ecologia scientifica contemporanea, Aldo Sacchetti, medico-igienista, come era solito definirsi quando tutti gli riconoscevano la fama e l’impronta di uno scienziato dal volto umano, ha dedicato tutta la sua vita professionale alla protezione della salute pubblica, alla prevenzione dalle malattie, alla conoscenza dei complessi rapporti tra organismi viventi e ambiente.
Mi avvicinai per la prima volta al pensiero di Aldo Sacchetti, a metà degli anni Ottanta, quando accolse il mio invito a tenere una conferenza a Roseto degli Abruzzi. Tutti furono colpiti dalla novità delle sue conquiste scientifiche, presentate con accuratezza e ampiezza multidisciplinare, dalla sua umiltà e umanità. Nelle ore successive germogliò una meravigliosa e sincera amicizia che si estese, nel tempo, alle rispettive famiglie. Immergendomi nei suoi scritti e seguendolo in numerosi convegni, a Roma, Milano, Firenze, Bologna, L’Aquila, Teramo, … divenni un suo “discepolo” e, ad ogni successivo incontro, crebbe in me l’interesse ad approfondire le sue idee e gioire della sua gradevole e simpatica amicizia.
Non è facile esporre, in poco spazio, il suo articolato pensiero e la sua evoluzione. Oggi possiamo definirlo uno dei “padri nobili” dell’ecologismo italiano per scienza, moralità, esempio, rigore e coerenza nella professione, impegno continuo nella ricerca e divulgazione delle sue teorie. I suoi insegnamenti rappresentano una “fonte originale di qualsiasi nuovo inizio, inteso come nuovo paradigma olistico capace di operare quella trasformazione necessaria dell’esistente, sempre più urgente e irrinunciabile” (E. Zarelli, 2015).
Nato a Teramo l’8 gennaio 1925, ha trascorso a Bologna quasi tutta la sua vita, compresi gli studi universitari. Laureato con lode in Medicina, scelse di specializzarsi in Igiene. Primo nel concorso nazionale per medici provinciali, ha ricoperto tale ruolo a Lucca, poi a Siena, dove, nel 1971, per primo in Italia, si è avvalso dei poteri attribuitigli dalle norme vigenti imponendo la depurazione degli scarichi inquinanti nei corsi d’acqua, rendendo penalmente perseguibili gli inadempienti, finché, con l’attuazione dell’ordinamento delle Regioni, è passato a dirigere il servizio di Igiene Pubblica dell’Emilia Romagna, nel cui ambito territoriale, nel 1972-’73, ha coordinato la prima indagine globale sui fattori di generazione dell’inquinamento e i suoi effetti sulla vita.
Da questo punto di vista Aldo Sacchetti è stato precursore, di mezzo secolo, degli attuali movimenti ecologisti, ispirati dalla giovane svedese Greta Thumberg, che hanno sollevato dinanzi ai potenti del mondo i pericoli delle variazioni climatiche indotte dalle attività umane. Per originalità e ampiezza del suo pensiero potremmo considerarlo affine e complementare a tanti grandi pensatori del novecento (Ilya Prigogine, Fritjof Capra, Edgar Morin, Ervin Laszlo, Gregory Bateson, Barry Commoner, Nicholas Georgescu-Roegen, Jeremy Rifkin, ecc.) che hanno posto le basi scientifiche per ripensare l’attuale modello di sviluppo e guidarci verso un nuovo paradigma epistemologico.
“Adoperare beni non rinnovabili, dal momento che anche le più avanzate tecniche di riciclaggio non possono impedire una dissipazione di materia in ogni successivo utilizzo, (scriveva in Sviluppo o salute. La vera alternativa, insignito nel 1981 del Premio Speciale Firenze Ecologia), porta progressivamente al depauperamento quantitativo e qualitativo delle risorse. E ciò avverrebbe anche se il tasso di sviluppo fosse zero. (…) Finché le attività produttive rimasero iscritte nei grandi cicli biogeochimici mossi dall’energia solare, la biosfera non conobbe accumuli nocivi. In essa, infatti, ciò che è residuo di una specie è alimento di altre.”
Questo è il segreto che ha permesso alla vita di svilupparsi e diversificarsi per oltre 3,5 miliardi anni senza creare disordine, arricchendo anzi l’armonia della natura. “La rivoluzione industriale, invece, ai processi ciclici che costituiscono la regola biologica sostituisce singole catene lineari, unidirezionali nel senso: produzione-consumi-rifiuti”. Insieme al rapido impoverimento di risorse si determina così una parallela disseminazione di scorie, incompatibili con le esigenze omeostatiche degli esseri viventi.
Le innovazioni tecnologiche, dopo l’ultima guerra mondiale, hanno accresciuto a dismisura l’impatto negativo della produzione sugli equilibri ambientali. Alla imponente circolazione di minerali tossici che la Terra custodiva gelosamente nella forma chimica più stabile entro le proprie viscere, ben segregati dalla vita, si è aggiunta un’infinità di sostanze create dall’uomo e del tutto estranee alla fisiologia animale e vegetale. L’entropia del sistema fisico terrestre è turbinosamente aumentata. Le cause delle malattie, come si sono andate moltiplicando negli ultimi decenni, patologie sempre nuove, tutte caratterizzate da difficile risoluzione dello stato morboso, in particolare quelle degenerative, prevalentemente di origine antropica, dipendono dalla nostra società e dal modo in cui vediamo e concepiamo il mondo che ci circonda. Quella che va superata, quindi, è la cultura antibiologica che ignora l’essenza della vita, che non tiene conto di alcune risultanze delle più recenti conoscenze scientifiche. Ciò che noi dobbiamo abbandonare è una cultura sbagliata, l’errore di fondo è di considerare, anche da una parte del mondo scientifico, il fenomeno della vita, la biosfera, in termini strettamente materialistici, meccanicistici (L’uomo antibiologico. Riconciliare società e natura, ed. Feltrinelli).
“Dall’anonimo ambiente fisico-chimico (intreccio di determinismo e aleatorietà) la cellula trae ciò che è necessario al suo progetto vitale. (…). Dal microbio all’uomo la sopravvivenza dipende da questa attitudine selettiva di carattere cognitivo, esercitata a livello microfisico ben prima che macroscopico. (…) La storia del rapporto fra vita e ambiente parla della formazione di un habitat, di un’interazione globale favorevole alla vita. L’aria, i mari, il terreno recano l’impronta della vita nei propri caratteri fisici e chimici, evolutisi armonicamente con essa in un continuum indivisibile a fare della biosfera un superorganismo vivente, dotato della stessa proprietà auto-organizzativa e omeostatica delle cellule che l’hanno prodotta. L’ordine dinamico autonomo fondato sulla capacità di rilevare differenze infinitesime e di creare nello stesso tempo coerenza e forma, segna la diversità qualitativa del vivente rispetto all’inorganico. Sono le cellule a fare da cerniera tra mondo biotico e abiotico, in virtù del loro originario rapporto con il mondo quantico e della capacità di scambiare messaggi morfogenetici, morfostabilizzanti, omeostatici, influenti sull’equilibrio dinamico degli ecosistemi. Nelle cellule avviene la misteriosa trasformazione del caos in logos come pensiero concreto e norma vincolante.” A differenza di quella cellulare, la mente cerebrale, “non dispone di anelli di retroazione capace di connetterla in tempo reale al mondo quantico: non può captare, calcolare, gestire i processi morfogenetici e omeostatici subliminali sottesi in ogni istante alla coerenza citologica, tissutale, organismica, ecosistemica.” (La democrazia degli erranti e la coerenza eco-biologica, ed. Guaraldi).
“Il fatto che ogni molecola proteica dei bastoncelli retinici, assorbendo un fotone della luce, vada incontro a un cambiamento della sua intera configurazione rivela l’unità inscindibile tra processi chimici, fisici, morfologici, informativi sottesi alla sconfinata molteplicità della vita. Viene confermata nello stesso tempo la fondamentale nozione su cui ha insistito, nel 1980, il grande fisico David Bohm: le coerenze a lungo raggio nella dinamica del vivente implicano effetti di campo così sottili da incidere sulla velocità orbitale e di spin dei singoli elettroni.
Oggi attribuiamo grande rilievo alla genetica chimica. Ma batteri sperimentalmente privati dei geni che consentono di metabolizzare il lattosio sono capaci, in breve tempo, di riacquistarli se coltivati in un terreno di laboratorio in cui il latte sia presente. Piante e insetti, aggrediti chimicamente, riescono spesso a mutare il loro corredo genetico in modo da divenire resistenti ai veleni cui sono stati esposti. Anche la resistenza dei microrganismi agli antibiotici è un chiaro esempio di straordinario adattamento genetico.” (La scienza come rivelazione, La Perdonanza, n. 70, 2006).
Gli strumenti tecnogenici hanno raggiunto la complessità delle centrali nucleari, di industrie dove automi generano nuove macchine, ogni giorno a milioni, dove le attività produttive provocano flussi di materia ed energia di origine tecnologica che pervadono l’intera biosfera, quella pellicola sottilissima di alcuni chilometri attorno alla superficie terrestre, provocando danni crescenti alla vita nel suo complesso. Le materie prime estratte dalle viscere della terra, a miliardi di tonnellate per anno, sono estranee alla vita, come pure le sostanze tossiche quali i metalli pesanti, i combustibili fossili, cui si aggiungono milioni di nuove molecole generate dall’azione di sintesi dell’industria, con una mole di trasformazioni energetiche il cui ordine di grandezza si avvicina a quello che, attraverso la fotosintesi, diviene sostanza vegetale nello stesso tempo. L’energia tecnologica degradata dal sistema umano, circa 400 miliardi di GigaJoule per anno, non è più qualcosa di marginale per la biosfera ma è comparabile all’insieme delle forze biogenesiche della natura che sostengono la vita sulla Terra, prima tra tutte quella in gioco nel processo di fotosintesi. Lo scontro tra queste forze, quella naturale e quella antropogenica, è qualcosa di assolutamente nuovo per il Pianeta che va preso in seria considerazione prima che sia troppo tardi.
La sopravvivenza delle generazioni future è quindi legata alla comprensione profonda dell’evoluzione della biosfera, alla presa di coscienza del principio dell’entropia (secondo della termodinamica), al fatto cioè che l’energia e la materia si degradano, in un processo irreversibile. Il fenomeno della vita, al contrario, è ordinatore e si autosostiene, presente sulla Terra da circa 3,7 miliardi di anni, evolve spontaneamente; esso, a partire da una cellula, prende forma negli organi, tessuti e nell’intero organismo vivente, attraverso scambi di energia e materia. Nessuna biomolecola è ferma, tutto si muove in modo coerente. In questa evoluzione la vita è sensibile al singolo fotone, la più piccola quantità di energia, al singolo elettrone, la più piccola parte di materia, evolvendo a livello microscopico-dinamico: ogni atomo, ogni molecola, ogni quanto di energia si trova al posto giusto e al momento giusto, con modalità che sfuggono alle leggi della chimica e della fisica, potremmo dire perpetrando il miracolo della vita. Attraverso la fotosintesi “la luce del Sole entra nel sistema vivente e ne sostanzia la struttura: DNA, proteine, la materia organica e l’energia della biosfera, carne, istinti, pensiero, cultura sono fatti di radiazione solare. La biosfera è un tessuto di luce trapunto di creature.” (Scienza e coscienza. L’armonia del vivente, Arianna ed.).
Nel 2004 (La Perdonanza, n. 61), Sacchetti ha previsto interazioni tra fattori del cambiamento climatico e le pandemie: “… la diuturna creazione fotosintetica viene continuamente ridotta dalla contrazione delle superfici agricole e forestali, delle aree verdi in genere; dalla più intensa penetrazione dei raggi ultravioletti (nemici sia del DNA, sia degli enzimi che regolano la fotosintesi); dall’aumento delle coltri nuvolose e dalla crescente opacità delle superfici idriche, chimicamente avvelenate e distrofizzate. Il violento attacco alla fotosintesi è negazione della vita, impeto distruttivo di massa tipico della modernità. Tra i suoi fattori più rilevanti l’urbanesimo planetario, il consumismo e la radicale separazione fra agricoltura e zootecnia, incatenate entrambe alla locomotiva dello sviluppo industriale e divenute perciò “antibiologiche”: dissipatrici di veleni e di virus, esse contribuiscono al generale logoramento del sistema immunitario animale e umano, rendendo inevitabili tragiche pandemie e probabilmente il tragico ricorso a estemporanei lazzaretti.”
Nella fisiologia del vivente la coerenza microscopico-dinamica si autosostiene ed è globale (micro e macroscopica), finalizzata alla realizzazione di un progetto organico, in continua evoluzione ma geneticamente orientato, tale coerenza che ha un carattere mentale, in quanto non disgiunto dalla capacità autoregolatrice cellulare si fonda “sull’attitudine a rilevare differenze infinitesime, a memorizzarle e perfino a riparare l’alterazione di singole lettere della propria informazione genetica. Questa dimensione cognitiva, nel fenomeno della vita, è locale e globale.”
La crescita e la differenziazione sono continuamente sottese alla comunicazione intra e intercellulare: le forme delle piante e degli animali, tutta l’anatomia e la fisiologia emergono da una trasformazione contestuale di messaggi elettromagnetici. “Non esiste microstruttura cellulare che non si formi, si mantenga dinamicamente e si trasformi attraverso onde elettromagnetiche coerenti” (Rischi sanitari dovuti all’inquinamento da radiazioni non ionizzanti e possibili misure di prevenzione per la popolazione, Comune di Bologna, 1997), in un range di frequenze che investe tutto lo spettro delle radiazioni non ionizzanti, fino a comprendere la banda visibile 1014 – 1015 Hz. Il problema crescente di oggi è che alla varietà dei messaggi elettromagnetici presenti in natura, coerenti con i processi vitali, le tecnologie elettriche, digitali e delle telecomunicazioni sovrappongono oceani di informazione incoerente, aprendo ampie problematiche riferite, in particolare, alla crescita e diversificazione delle malattie degenerative. Anche per spiegare la replicazione prionica (come nel caso dell’encefalopatia spongiforme bovina, conosciuta anche come morbo della mucca pazza), Sacchetti è partito da questo approccio (Giornale Italiano di Malattie Infettive, n. 3, 1997).
Il fenomeno della vita, per la sua complessità, resiste a ogni tentativo di riduzionismo fisico e di formalizzazione matematica, è contestualmente informativo/formativo con energie in gioco sensibili alla più piccola unità di energia e/o materia.
“Ora a me sembra, scrive Sacchetti, che la biologia quantistica -sebbene avvolta in un reale velato, misterioso- ci ridoni esplicitamente le certezze essenziali e torni a incantare il mondo disincantato dalla tecnoscienza. La vita è impastata di tempo, guidata da un’informazione dinamica coerente, cooperativa, finalizzata. È un progetto che, contro ogni probabilità matematica e fisica continuamente si realizza, si riproduce, combinando nel tempo singolarità e molteplicità. All’interno di questo progetto, o principio organizzatore, nella storia del pianeta vivo la persona umana rappresenta un salto qualitativo ancora più grande, incomparabile. Nessuna scienza potrà mai descrivere come cento miliardi di neuroni, intrecciati da milioni di miliardi di sinapsi, possano dar luogo a un cervello che pensa e stimolare un cuore che ama, che ha pietà, che perdona.” (La Perdonanza, n. 70, 2006).
Ho cercato di tracciare una breve sintesi, di certo incompleta, del pensiero innovativo, articolato e complesso del grande studioso che, più volte, è intervenuto sui limiti del “paradigma materialistico della scienza moderna, basato sull’idea di una natura priva di intelligenza e finalità, plasmabile senza limiti dalle aggressioni tecnologiche (…) degradando contemporaneamente società, cultura e biosfera in una spirale” produttivistica apparentemente inarrestabile. L’approccio riduzionista di semplificazione, falsificazione, disintegrazione della realtà naturale soffre di una crisi determinata dalle “implicazioni epistemologiche della rivoluzione quantistica, che fanno intendere il reale come tessuto di eventi interconnessi in continuo divenire.” I tragici errori e la tendenza crescente della tecnoscienza a modificare le basi profonde della vita, fino al livello quantico della fisiologia cellulare, costituiscono la chiave euristica verso “una scienza nuova, non più avalutativa e dissipatrice. Una scienza dei legami vitali armonicamente coordinati nella coerenza elettrodinamica quantistica della natura viva (…).” Solo una scienza orientata da questa consapevolezza potrà sostenere le scelte etico-pratiche di una società olistica, sobria, autoregolata al minimo dei bisogni e dei consumi in armonia con la natura.
Sacchetti, benché vissuto a Bologna, porta nel cuore i segni della terra d’Abruzzo: sposato con una speciale donna, Maria Luigia Capaiuolo, nata ad Ortona; dal 1986 al 2006, è tornato almeno venti volte nella sua terra natia, per Seminari e Convegni, accogliendo gli inviti di coloro che lo stimavano. Tra i tanti cito: Fulvia Celommi, Presidente della Società Dante Alighieri, Comitato di Teramo, il 13 aprile 1996, per la Conferenza Il rapporto tra natura e cultura alle soglie del terzo millennio; Mario De Nigris, Presidente della SMS Fratellanza Artigiana di Teramo, il 21 dicembre 1996, per il conferimento del Paliotto D’Oro a teramani illustri; Padre Quirino Salomone, Rettore della Basilica di San Bernardino e Presidente del Centro internazionale di studi celestini, per il Convegno alla Cattedra Bernardiniana La scienza come rivelazione. Un impegno per la vita; il Presidente della Fondazione Pasquale Celommi ONLUS, nel 2008, per l’adesione al Comitato Scientifico della medesima organizzazione.
Aldo Sacchetti si è spento a Bologna il 26 febbraio 2020, dopo 95 anni di vita esemplare tesa alla ricerca della verità, nell’impegno per una visione sistemica della natura e nel superamento della frattura tra fisica e metafisica, nella moralità e nell’amicizia, nell’amore verso i suoi cari. La sua salma, dal 29 febbraio, dopo le esequie presso la Chiesa Madonna del Lavoro di Bologna, riposa in pace nel cimitero di Guzzano del Comune di Pianoro (BO), magnifico luogo che favorisce la spiritualità, scelto dai figli Marco e Rossella e dalla moglie.